giovedì 9 ottobre 2008

gente in aspromonte

Per secoli, fino a questi primi anni del millennio, il pellegrinaggio è stato come Corrado Alvaro lo ha ripetutamente descritto, da “Polsi nell’arte, nella leggenda, nella storia” - la sua prima operina di diciassettenne, con le “belle cardole”, le ragazze di Cardeto in costume, che ballavano vivaci e aggraziate la tarantella - a “Gente in Aspromonte”. Sul pellegrinaggio è centrato il racconto “Consolata” della raccolta, con “la Madonna di pietra colorata”, “la folla compatta”, la chiesa ridotta a “mistico ovile”, dove i pastori portano in voto “le mucche e le capre infiocchettate”. Ma già il racconto lungo del titolo, “Gente in Aspromonte”, crea attorno ai pellegrini una delle sue scene principali, che scaldano la buona stagione del chiuso e cupo villaggio “cantando e suonando giorno e notte”. Si grida “viva Maria!” e si sparano colpi di fucile: “La folla si snodava lungo lo stretto sentiero in fila indiana. I bambini piangevano nelle ceste che le donne portavano sulla testa, i muli con qualche signore seduto sopra facevano rotolare a valle i sassi, una signora vestita bene camminava a piedi nudi tenendo le scarpe in mano, per voto. Una donna del popolo andava con le trecce sciolte

pascali u lupu, grande ballerino, sempre presente nelle feste a ballu,

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